L'essere antinucleari "spiegato" ai giovani ecologisti 


Suscitata da una lobby potente che, nonostante i pii desideri di certo ambientalismo a compartimenti stagni, è tutt'altro che un dinosauro in via di estinzione,  sta montando una martellante campagna mediatica a favore della promozione dell'energia nucleare "amica del clima" e "alleata delle rinnovabili". Una lobby che, a quanto pare, sta riuscendo a inserire l'atomo, insieme al gas, se non proprio tra le fonti pulite, tra le "fonti transizionali" della tassonomia europea; tanto che la presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, riferendosi all'aumento delle bollette dovuto alla particolare congiuntura odierna (e a giochi geopolitici in corso), ha dichiarato subito dopo il vertice UE del 23 ottobre 2021, che "abbiamo bisogno del nucleare per affrontare la crisi energetica".

Le "informazioni" sul nucleare "buono" sono ormai alluvionali su internet ed esse accreditano notizie distorte e unidirezionali sulle caratteristiche carbon-free della tecnologia "atomica" e sulla gestione sicura delle scorie radioattive: la "Scienza" con la S maiuscola (il neo battezzato Nobel Giorgio Parisi fa eccezione) in questo caso per lo più non ci aiuta anzi è votata alla manipolazione dell'opinione pubblica.

(Un sano e "scientifico" atteggiamento critico è tutto il contrario dalla propensione ad affidarsi a maghi, astrologhi e complottisti vari).

A noi, fiduciosi nella dura forza dei fatti contro le sirene della propaganda, non resta che riproporre alcuni dati elementari che abbiamo riportato anche in libri divulgativi, che qui subito citiamo per chi volesse approfondire la materia.

Alfonso Navarra - La guerra nucleare spiegata a Greta

EMI - Editrice Missionaria Italiana Bologna, 2007

Alfonso Navarra - La follia del nucleare. Dialoghi con Greta

Edizioni Kronos, Milano, 2011

Alfonso Navarra, Mario Agostinelli, Luigi Mosca -- La follia nucleare come uscirne con la rete ICAN 

Edizioni MIMESIS -  2016

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L'umanità: uno zombie nucleare a causa del materiale fissile non controllabile prodotto?

Premesso che il rilancio del nucleare ha basi, oltre che geopolitiche e militari, economico/energetiche reali nel modello del "tutto elettrico", anche se distorte nella loro presentazione (si veda l'articolo di Giorgio Ferrari pubblicato tra i materiali del CRS), per sviluppare l'argomentazione che andremo a svolgere occorre un chiarimento preliminare sulla natura dell'energia ricavata dall'atomo: non si tratta solo della capacità di esprimere una potenza quantitativa maggiore rispetto alle altre fonti energetiche, c'è proprio un problema di QUALITA' DIVERSA da considerare.

Sul Pianeta Terra che ci ha dato la vita, con temperatura media sui 15°C, i processi che ci coinvolgono sono di tipo chimico o biologico, riguardano solo gli elettroni esterni degli atomi. Sulle stelle invece, con temperature di milioni di gradi, si fondono normalmente i nuclei atomici, con emissione di energia miliardi di volte maggiori delle reazioni chimiche. Anche la fissione dei nuclei comporta una produzione di energia milioni di volte superiore ai processi chimici.

Questo comporta che quando "scuotiamo" i nuclei dentro gli atomi, per fissione o per fusione, vengono fuori situazioni materiali che normalmente non si verificano sulla parte di Natura che comprende la nostra esperienza vitale: in questo senso possiamo considerarli "artificiali" e proprio per questo non possono venire "digeriti" dai cicli della Natura terrestre e rimangono gravemente pericolosi per migliaia o centinaia di migliaia di anni. Il problema delle scorie radioattive, per questa condizione materiale di fondo, è irrisolvibile allo stadio attuale della nostra civiltà tecnologica!

Dobbiamo afferrare il punto: le radiazioni emesse nei processi nucleari industriali provocano, per la loro enorme energia, "naturale" per le stelle e non per un pianeta che ruota intorno a una stella (la Terra dista 150 milioni di Km dal Sole!), danni irreparabili alla salute umana e animale e ai cicli e processi ecosistemici e biologici. Il punto è che l'energia nucleare in questo senso è incompatibile con la biosfera! E ciò non fa a pugni con la considerazione che l'energia solare "naturale" è tecnicamente energia nucleare: sono infatti raggi che ci arrivano grazie alle reazioni di fusione nucleare che avvengono nel nucleo del Sole e che trasformano l'idrogeno in elio.

Le radiazioni "naturali", quelle provenienti per la massima parte dal Sole, sono state fondamentali per l'evoluzione planetaria della vita, largamente responsabili della straordinaria varietà di specie viventi nello spazio temporale di miliardi di anni. In modo analogo alle emissioni di CO2, le radiazioni di origine antropica, quelle prodotte nel nucleare militare e civile, utile per i nostri giochi di potenza e il nostro stile di consumi, rischiano invece di estinguere la vita.

Nel momento in cui gli esseri umani sono riusciti a spaccare l'atomo, hanno intrapreso un processo destinato ad accrescere il livello e la diversità delle radiazioni ambientali che aggrediscono l'ecosistema terrestre. Il processo di fissione dell'uranio all'interno dei reattori nucleari crea più di 200 elementi radioattivi creati dall'uomo, alcuni attivi per milioni di anni. Una volta creati, questi elementi trovano inevitabilmente la strada per arrivare all'ambiente e inserirsi all'interno degli organi riproduttivi degli organismi viventi. Lì, oltre a tumori e altri disturbi immediati, determineranno mutazioni genetiche causando malattie e morte nella generazione nascente o trasmettendo un disturbo genetico nascosto alle generazioni che si susseguono nella linea del tempo.

Pensiamo solo a quanto plutonio (numero atomico 94) , elemento "artificiale" per le condizioni normali di questo Pianeta, abbiamo prodotto: pare circa 1.400 tonnellate di cui circa 260 tonnellate di Pu-239, plutonio militare, weapon grade: nelle moderne testate nucleari sono sufficienti circa 6 kg per una testata. Ora il plutonio si dimezza in circa 24.100 anni e resta pericoloso per oltre 200.000 anni ed è capace con un grammo ottimalmente distribuito di provocare milioni di tumori ai polmoni. Le tonnellate accumulate, in sostanza, sono potenzialmente in grado di sterminare l'umanità innumerevoli volte, e questo a prescindere dal fatto che il plutonio contenuto nelle bombe nucleari sia impiegato in un conflitto atomico (che può essere scatenato persino per errore!).

La conclusione di queste considerazioni è che, forse, con con tutto il materiale fissile e le scorie che abbiamo accumulato, siamo già estinti come specie, morti che camminano senza saperlo perché hanno già avviato le condizioni della loro scomparsa che lavorano inesorabilmente!

Le radiazioni nucleari, ripetiamolo ancora, non sono come gli altri inquinanti, non si può giocare ad accumularle e diffonderle. Ernesto Burgio ci avverte che gli attuali concetti e modelli adottati dalla comunità scientifica sugli effetti sulla salute delle radiazioni ionizzanti sottostimano seriamente i rischi. Ad esempio è molto sottovalutato il problema delle basse dosi continue (vai su: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6163535 ).

Su questa storia dei danni della radioattività ci torneremo su con un paragrafo apposito.

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ALtre considerazioni preliminari: il nucleare è una fonte fossile inefficiente

La premessa sulla sulla Natura chimico-biologica dei processi vitali sulla Terra non adattata alle reazioni dei nuclei atomici va completata con un'altra altrettanto sorprendente e illuminante: il parametro termodinamico valuterebbe assurdo il vero e proprio spreco costituito dall'impiego che viene fatto dell'energia nucleare! In pratica, con le centrali nucleari, si mettono in gioco milioni di gradi per produrre acqua o vapore a poche centinaia di gradi: come se fossero mastodontici pentoloni a pressione che attivizzano energie smisurate per scopi pratici minuscoli!

Tale parametro venne in auge con la crisi petrolifera del 1973: si affermò il concetto di efficienza energetica perché ci si rese conto che l'energia non è una risorsa illimitata e a basso costo. L'energia prodotta rispetto a quella utilizzata dovrebbe vedere ridotto al minimo il suo salto di temperatura. Se le stesse fonti fossili sono uno spreco energetico per il loro salto di temperatura (bruciano combustibile a migliaia di gradi per produrre vapore a centinaia di gradi), a maggior ragione, come abbiamo visto, questo succede con il salto "milionario" costituito dall'impiego dell'energia nucleare...

Veniamo ora ad una terza, spiazzante, considerazione preliminare: anche l'uranio è una risorsa "fossile" e esauribile!

L'uranio è una fonte "fossile" nel senso letterale del termine: nell'enciclopedia Treccani troviamo la definizione generale che qualifica come tali le sostanze che si  estraggono dagli strati rocciosi della terra. E' proprio quello che si fa con l'uranio che viene ricavato da scavi e filtraggi minerari. 

L'uranio ovviamente non è "fossile" nel senso più specifico che viene attribuito a petrolio, gas e carbone, sostanze organiche che, sotto pressione della terra sovrastante, hanno subito un processo di mineralizzazione. Comunque non è nemmeno "rinnovabile" perché la natura non lo produce in continuità e dunque anche questo materiale, prima o poi, finirà e con esso sarà finita la possibilità di alimentare le centrali nucleari.

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L'energia nucleare non è carbon free

Ora veniamo al punto che troviamo più collocato al cuore del dibattito in corso: veramente l'energia nucleare è carbon free? Oppure ad una analisi più attenta che esamina l'intero ciclo produttivo e distributivo, ci troviamo di fronte ad una asserzione mitologica, a una fake news (=balla) di proporzioni notevoli? 

Per rispondere seriamente dovremmo infatti esaminare non solo la parte centrale, il funzionamento preso a sé stante dei reattori, ma tutto il processo, dall'inizio alla fine, dal minerale estratto, alla sua lavorazione per arricchirlo, fino alla parte finale, lo smantellamento delle centrali (che non hanno una vita operativa illimitata) e lo smaltimento delle scorie radioattive. 

Cominciamo, come è logico, con l'inizio del ciclo nucleare.

Pensiamo all'estrazione del minerale, alla sua lavorazione, alla fabbricazione del combustibile: qualcuno sensatamente, anche senza avere competenze specialistiche, può ritenere che queste fasi produttive non emettano CO2? Informazioni su questo aspetto possiamo ricavarle da un libro di pubblicazione recente, "L'Atlante dell'uranio", sponsorizzato dalla Nuclear Free Future Fondation e da Rosa-Luxemburg Stiftung, edito in Italia da Multimage nell'anno in corso (2021). (La prefazione del volume è di Alex Zanotelli, l'aggiornamento italiano di Angelo Baracca).

A pag. 12 del libro citato troviamo il paragrafo dedicato a "Il cammino dell'uranio".

Vi leggiamo che "l'uranio grezzo si trova in molti minerali e nella roccia circostante. Per estrarre il minerale grezzo devono essere rimosse quantità di scorie che variano a seconda del luogo. (..) Per ottenere una tonnellata di uranio sono necessarie circa 1.000 tonnellate di materiale grezzo". 

La sequenza è la seguente: 1.000 tonnellate di uranio grezzo ⟼ 1 tonnellata di uranio raffinato ⟼ kg 7,11 di materiale fissile (uranio 235).

Viene quindi precisato: "generalmente l'uranio grezzo viene frammentato meccanicamente dove si trova e poi estratto con la liscivazione. Questa produce l'ossido di uranio (U3O8) detto yellowcake, il cui peso è composto al 99,294% da uranio-238 non fissile e allo 0,711 da uranio-235 fissile. (...) I residui fossili vengono immagazzinati in grandi vasche situate in superficie, dove resteranno per sempre".

"L'uranio ottenuto viene trasformato in tetrafluoruro di uranio (UF4) e quindi in esafluoruro di uranio (UF6), necessario per l'arricchimento del minerale". 

Per farla breve, a estrarre il minerale uranifero, che contiene percentuali bassissime di uranio, occorrono macchinari tanto più grandi quanto più massiccia è la roccia che occorre filtrare. Il minerale che oggi si utilizza è il più ricco, con un contenuto di uranio dello 0,2 %, ma la previsione è che in mezzo secolo circa queste miniere si esauriranno; se si passasse ora ad un impiego più massiccio dell'energia nucleare, come avverrebbe se si attuassero le velleità di rilancio, si dovrebbero sfruttare miniere e minerali meno ricchi di uranio. In questo caso è evidente che il processo produrrebbe emissioni crescenti e intollerabili di CO2. 

Altro punto da sottolineare: secondo voi a chi è sempre toccata l'incombenza dell'estrazione del minerale? Se siete un minimo scafati su come vanno le cose in questo mondo avete indovinato: a essere costrette al lavoro dal ricatto economico e spesso militare sono popolazioni povere e sfruttate (esempi: popolo Navajo, lavoratori in Niger e Chad) le quali hanno contratto tumori ed altre malattie. 

Potete immaginare anche quanto l'esecuzione sia stata ed è rispettosa per l'ambiente, provocando contaminazioni radioattive permanenti

Pensiamo ora all'arricchimento dell'uranio (descritto a pag. 13 dell'Atlante). In sostanza dall'uranio composto per circa il 93% dall'isotopo U-238, e per lo 0,7% dall'isotopo U-235, cioè quello fissile, si deve passare a un materiale in cui la percentuale di U235 passa al 3-5% se si vogliono innescare reazioni a catena controllate; al 90% se si vogliono innescare reazioni a catena esplosive.

"In tutto il mondo sono attivi 13 impianti per l'arricchimento dell'uranio. 38 fabbriche producono barre di combustibile per tutte le centrali".

L'uranio arricchito al 3-5% (si sta parlando della percentuale dell'isotopo U-235, lo ricordiamo ancora) è "per uso civile in quanto impiegato per produrre le barre di combustibile per le centrali nucleari di 31 Paesi. Oltre il 70% dell'energia nucleare del Pianeta viene prodotta in Cina, Corea del Sud, Francia, Russia e Stati Uniti".

L'uranio-235 arricchito fino al 90% viene utilizzato per le armi nucleari. Quando il materiale fissile (uranio-235 o plutonio) crea una massa critica esplode una bomba nucleare.

Le tecnologie di arricchimento (diffusione gassosa, centrifugazione) utilizzano grandi quantità di energia, e ovviamente comportano maggiori emissioni climalteranti. Alcuni dei progetti dei cosiddetti small reactors (per quanto i 300 MW su cui punta Bill Gates siano una taglia niente affatto trascurabile) - la IAEA ne censisce una cinquantina - dovrebbero utilizzare uranio più arricchito, e qui i rischi di proliferazione militare si farebbero consistenti.

Trattiamo ora la fase più visibile, il funzionamento delle centrali nucleari.

Va subito detto che la costruzione delle centrali richiede enormi quantità di cemento e altri materiali e dispendi di energia che producono chiaramente CO2: sia i costi che i tempi di costruzione sono aumentati moltissimo, ad esempio per le norme di sicurezza sempre più rigorose dopo ogni incidente che colpisce il pubblico (Chernobyl, Fukushima...). Nuove centrali nucleari, a partire da quelle di grossa taglia (cioè il megawattaggio sino ad adesso corrente di 1.000 - 1.500 MW), arriverebbero comunque troppo tardi se per far fronte all'emergenza climatica si richiedono piani relativi al prossimo decennio: la scadenza del 2030 viene considerata una pietra miliare in tutti gli accordi ed i piani internazionali, a cominciare da quelli dell'Unione europea.

I tempi sono enormemente superiori rispetto ai progetti di energie rinnovabili ed i costi, a ben guardare, anche (da sviluppare). 

Altro punto da sviluppare: le centrali nucleari necessitano di enormi quantità d'acqua per venire raffreddate.

Il "vecchio" nucleare ha sempre avuto problemi riguardo a rilasci e incidenti radioattivi e le relative conseguenze sanitarie. Il nuovo sarà invece sicuro e salubre, come la lobby ci promette? Non essendoci stato tempo per riscontrare fattualmente guasti significativi, la narrazione sulle nuove centrali sicure per un po' può fare presa. Ma il principio di precauzione va comunque agitato, di fronte ad un inquinamento radioattivo di impatto di gran lunga superiore rispetto a quello che possono provocare gli inquinanti chimici.

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Il legame tra sedicente "atomo di pace" ed "atomo di guerra"

La fase finale del ciclo. Dalle scorie ritrattate si ricava il Plutonio, interessante per le Bombe

Soffermiamoci infine sulla fase finale del ciclo. Sempre nell'Atlante dell'uranio, a pag. 13 leggiamo: "Ogni fase del processo, dall'estrazione al ritrattamento, produce scorie radioattive. In tutto il mondo ci sono 350mila tonnellate di residui altamente radioattivi che devono ancora essere smaltiti in modo sicuro (senza contare quelli delle miniere dove viene estratto l'uranio). Nessun Paese ha ancora predisposto un sito definitivo dove raccogliere questo materiale".

"Gli impianti di ritrattamento (delle scorie - ndr) attivi in Cina, Francia, India, Pakistan e Russia estraggono il plutonio dalle barre di combustibile esausto. Questo decuplica la quantità complessiva delle scorie nucleari".

Il ritrattamento delle scorie, che lavora sull'U-238 trasformandolo in parte in plutonio, ha una conseguenza interessante dal punto di vista della proliferazione militare.  L'U-238, che troviamo in un reattore al 90%, assorbendo un neutrone diventa instabile e con una serie di trasmutazioni si trasforma in plutonio, elemento artificiale transuranico che non esiste in natura (tracce si formano nei depositi di uranio naturale quando l'uranio-238 cattura i neutroni emessi dal decadimento di altri atomi di uranio-238). 

Per le bombe atomiche il plutonio è il materiale per eccellenza nello scatenamento di reazioni a catena esplosive. Il Plutonio per bombe atomiche (detto anche in inglese weapons-grade o weapons-grade plutonium) deve avere una composizione isotopica molto precisa per il suo funzionamento ideale. Date le proprietà di fissione nucleare e di fissione spontanea di alcuni isotopi, si deve mantenere la composizione di 239Pu >93%, così da rendere l'ordigno stabile e sicuro per il funzionamento.

Per via della sua facile fissione il 239Pu è un componente fissile fondamentale delle moderne armi nucleari. La massa critica per una sfera di plutonio è di 16 chilogrammi, che può essere ridotta a 6 chilogrammi attraverso l'uso di una schermatura che le rifletta contro i neutroni da essa emessi. Questa quantità corrisponde circa ad una sfera di 10 centimetri di diametro che per completa detonazione libera un'energia di 200 chilotoni

Il controllo sulla sicurezza è demandato all'IAEA: il conflitto di interessi è evidente

L'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA), che per statuto promuove la tecnologia, definisce la Nuclear Safety come "il raggiungimento di condizioni operative appropriate, la prevenzione di incidenti o la mitigazione delle loro conseguenze, che dà luogo a protezione di lavoratori, collettività e ambiente da inutili rischi di radiazione". La IAEA definisce la Nuclear Security come "la prevenzione e individuazione e relativa reazione, rispetto a furto, sabotaggio, accesso non autorizzato, trasferimento illegale o altri atti dolosi pertinenti a materiale nucleare, altre sostanze radioattive o strutture a loro associate".

Ciò abbraccia le centrali nucleari e le altre strutture nucleari, il trasporto di materiali nucleari, e l'uso e immagazzinamento di materiale nucleare per usi medici, dell'industria energetica, e militari.

Nella pratica la sicurezza è insidiata da errori umani ed eventi esterni (terremoti, maremoti, etc.) che spesso hanno un impatto maggiore di quanto previsto. Sono concepibili anche scenari che comprendono attentati terroristici, sabotaggi interni, e attacchi informatici.

Almeno 6 incidenti di gravità inaudita sono accaduti in 70 anni di ricorso tecnologico all'atomo (a Fukushima nel 2011 gli impianti gravemente danneggiati furono 4, gli incidenti non furono causati dallo tsunami, come si cerca di accreditare, ma dal terremoto precedente), contaminando territori su cui l'uomo non potrà mettere piede per decenni e secoli a venire. 

Di fronte a questi rischi e ad incidenti continui, soprattutto a livello locale, vediamo però la IAEA ed agenzie nazionali, ad esempio in Francia, promuovere irresponsabilmente l'estensione della vita operativa delle centrali nucleari esistenti.

Questo è spiegabile se si considera che si tratta delle medesime autorità che da sempre giuravano, smentite dai fatti, sulla sicurezza delle centrali nucleari: sono esse forse "scienza da ascoltare"?

Dovremmo allora allertare - noi che, da "vecchi" ecopacifisti, una esperienza di inganni e manipolazioni l'abbiamo vissuta e contrastata - le giovani generazioni a non confidare  nelle sirene che cantano in favore di uno scientismo acritico: e quindi non a caso sponsorizzano il nucleare...

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Il ciclo nucleare nel suo terminale: centrali da decommissionare, scorie da smaltire (in qualche modo)

Le centrali nucleari non fanno eccezione ai dispositivi umani, hanno una vita limitata, al termine della quale devono essere smantellate. Si sono accumulate nel mondo svariate centinaia di reattori nucleari che a fine vita necessitano il decommissioning: processo che Stati e imprese tendono a rinviare, perché è un costo passivo, che si sta rivelando molto più lungo, complesso e oneroso economicamente di quanto si fosse previsto inizialmente. In Italia vi erano solo 4 centrali attive, di piccola o media taglia: dopo 34 anni dalla chiusura dei programmi nucleari (grazie ai referendum popolari!) il decommissioning è attorno al 30-40% (e gli utenti continuano a pagare nella bolletta elettrica un onere nucleare, denominato componente A3, per i progetti pregressi!). Il decommissioning otre a richiedere grandi quantità di energia, con grandi emissioni, moltiplica la quantità di residui radioattivi poiché tutto ciò che è stato a contatto con il reattore, ed anche i macchinari per lo smantellamento, diventa radioattivo. 

La Sogin è la società di Stato responsabile del decommissioning delle quattro centrali nucleari italiane di Trino (VC), Caorso (PC), Latina e Garigliano (CE), e degli impianti legati al ciclo del combustibile nucleare: Eurex di Saluggia (VC), ITREC di Rotondella (MT), Ipu e Opec a Casaccia (RM) e FN di Bosco Marengo (AL).

L'ultima sua avventura è il lancio di un progetto di Deposito Unico Nazionale (DUN) criticabile nei suoi stessi presupposti: non si vede perché mettere in un medesimo sito 90.000 metri cubi di scorie insieme ad alta intensità radioattiva e a media e bassa attività; e soprattutto perché concentrarle in un unico posto quando le centrali nucleari dismesse di per sé rappresentano e possono rappresentare un sistema di raccolta e controllo dei rifiuti.

Il combustibile esaurito (spent fuel). È un materiale fra i più pericolosi che si siano prodotti, sia per l'altissima attività che per l'energia emessa che potrebbe causare la loro fusione (meltdown). Tale prodotto deve venire estratto mantenendo costantemente le barre di combustibile immerse in acqua, trasferito in piscine di decontaminazione, le cosiddette SFP, refrigerate, per anni. Negli Stati Uniti, SFP e barili contenenti combustibile esaurito si trovano direttamente sui siti di centrali nucleari o su ISFSI (Independent Spent Fuel Storage Installations). Gli ISFSI possono essere adiacenti al sito di una centrale nucleare o possono risiedere altrove. La stragrande maggioranza degli ISFSI immagazzina il combustibile esaurito in botti asciutte. Solo negli USA si sono accumulate quasi 100mila tonnellate di combustibile esausto, che è un materiale che deve rimanere isolato da qualsiasi contatto umano per centinaia di migliaia di anni. 

Nessun paese, Stati Uniti per primi (il progetto di Yucca Mountain è stato bocciato perché "sicuro" solo per 10.000 anni!), ha ancora realizzato un deposito nazionale definitivo per i residui radioattivi. Onkalo, in Finlandia è un deposito geologico profondo in costruzione destinato a immagazzinare definitivamente le scorie radioattive finlandesi. È il primo deposito del mondo con queste caratteristiche ed è vicino alla centrale nucleare di Olkiluoto nel municipio di Eurajoki. 

Ma un deposito concepito come definitivo,  anche per i residui a media e bassa attività, non è stato ancora realizzato in nessun Paese. Qui possiamo citare l'«esempio» della Germania che aveva realizzato il deposito geologico nella miniera di sale di Asse nella bassa Sassonia, e conferito i fusti di residui radioattivi, poi si sono manifestate infiltrazioni d'acqua non previste: la rimozione dei fusti, ormai parzialmente corrosi, è un'operazione che si sta rivelando difficile e naturalmente molto dispendiosa.

Proprio tra Germania e Francia è attivo un importante movimento di base che si oppone all'inutile trasporto di scorie radioattive su treni che attraversano di notte paesi e città. 

Il micro nucleare diffuso e distribuito sarebbe un incubo (da sviluppare). Immaginiamo un mondo di micro reattori che possono essere ospitati nello scantinato di un condominio perché occupano il volume di un container. Ecco, come sarebbe possibile tenere i materiali radioattivi in maniera controllata e conosciuta, tutto lasciato così, nella speranza che non sorgano problemi? La questione delle scorie radioattive "minori" dovrebbe invece preoccupare moltissimo...